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Dal vivo è un'altra storia

Foresta fossile di Dunarobba e le piante mummificate 3 milioni di anni fa

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Foresta fossile di Dunarobba e le piante mummificate 3 milioni di anni fa
Il primo a darne notizia fu Galileo Galilei. Il primo a studiare alcuni tronchi fu Federico Cesi, nel 1624, riproducendoli su tavole. Anche se poi furono usati come legname per costruire tavolini. La Foresta fossile di Dunarobba è un eccezionale tesoro paleontologico unico al mondo. Resti di oltre 50 tronchi strappati ad un letargo di 3 milioni di anni.
Foresta fossile di Dunarobba, congelata dal tempo
Sotto le "capanne" di quello che sembra un piccolo insediamento indiano spunta quanto resta di alberi con 3 milioni di anni. Una volta c'era un grande lago, oggi uno spettacolo della natura congelato nel tempo. Avigliano Umbro è un piccolissimo centro abitato, uno dei comuni più giovani d’Italia nato solo nel 1975. A due passi dalle case spicca una foresta incantata: la Foresta fossile di Dunarobba.

Una cinquantina di tronchi di grande diametro affiorano per 3 o 4 metri dal terreno, lottando contro il vento e le intemperie. La loro tenacia è stata premiata.
 
I tronchi della Foresta fossile di Dunarobba sono di una specie estinta di sequoie, denominata Taxodium e risalgono addirittura al Pliocene medio superiore, circa 2,5 milioni di anni fa. Il dato straordinario è che sono tutti fossilizzati, e non pietrificati. Sono lì, immobili, ma hanno dentro il seme della vita.
Conservano infatti la loro struttura lignea, inclinati tutti nella stessa direzione e allineati quasi in modo equidistante. Sembrano stare in contemplazione, con lo sguardo rivolto a quello che era il famoso lago Tiberino, creatosi con il ritiro del mare. Nelle sue acque calde e palustri proliferavano forme vegetali e animali oggi scomparse. Il clima tropicale doveva di certo favorirne la crescita.
Cinquanta tronchi inghiottiti dall'argilla, ancora in posizione eretta ed eccezionalmente in situ. Una rara forma di fossilizzazione avvenuta per mummificazione.
Piante mummificate di una foresta piena di vita
Nell'immensa Foresta fossile di Dunarobba si aggiravano elefanti, cervi ed ippopotami, e riposavano all’ombra dei giganteschi fusti di sequoie. Poi tutto è sparito: i sedimenti scendendo da colline e montagne, insieme ai movimenti tettonici, hanno invaso la pianura, ricoprendo la foresta. Senza sapere che così l’avrebbero conservata fino ai giorni nostri.
Questi tronchi sono una specie di “archivio” della terra. Analizzando il loro Dna, gli studiosi cercano di ricostruire la storia di questi luoghi, l’evoluzione della natura e dei climi. Sembra quasi di aprire uno di quei polverosi libri pieni di misteri. L’importanza scientifica è enorme, tanto da diventare un polo mondiale di ricerca, perché non ci sono altri esempi simili in tutta Europa.

Dunarobba, il grande laboratorio della vita
Certo che deve essere stato un effetto sorprendente per quel gruppo di appassionati che si imbattè per primo con la Foresta fossile di Dunarobba. Era la fine degli anni '70. La ruspa stava scavando in una cava per ricavare l’argilla da utilizzare in una fabbrica di laterizi. Il rombo assordante copriva le urla incredule. Era una sorta di paesaggio lunare, i tronchi spuntavano oltre l’argilla, uscivano fuori alla ricerca della luce, per risorgere dalle tenebre.
Da allora questo piccolo paesino ne ha fatta di strada. È nato un Centro di Paleontologia Vegetale, è stata allestita una mostra permanente sui reperti fossili animali e vegetali rinvenuti in scavi nell’Umbria meridionale, si è creato un sistema di visite guidate e laboratori didattici. E la Foresta di Dunarobba è risorta.

Dal vivo è un'altra storia.
 
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Avigliano Umbro (Umbria)
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Centro di Paleontologia Vegetale della Foresta fossile.
Francobollo con soggetto la Foresta fossile di Dunarobba.
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Foresta fossile di Dunarobba