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Dal vivo è un'altra storia

Monteleone di Spoleto: in lotta per riportare la biga dorata

  • Girovagando
  • Monteleone di Spoleto (Umbria)
  • luglio 2020
Monteleone di Spoleto: in lotta per riportare la biga dorata
Una battaglia moderna per un gioiello del passato. “Operazione recupero biga" l’hanno chiamata, in questo piccolo borgo millenario dell'Umbria meridionale. Ma non è l’unico tesoro nascosto tra le pietre in queste strette valli.
Ci si imbatte quasi per caso, girando l’ultima curva di questa strada che si inerpica per poi riscendere in picchiata. Una terra di confine, in una natura superba dai suoni ovattati e misteriosi, evanescente e solitaria. La via che porta a Monteleone di Spoleto è stretta tra i contrafforti dell’aspra dorsale appenninica. Suggestive gole che tagliano le valli incassate, verdi creste che ondeggiano tra boschi e oliveti.  Temperatura perfetta, cielo terso e paesaggio mozzafiato.
Ritrovare questo piccolo borgo dopo qualche anno è una felice riscoperta. Come un richiamo. Ancor più se a lasciarne nuova traccia sono le parole di uno sconosciuto, abitante pro tempore del posto ma innamorato da sempre della sua Monteleone. “L’avete notata quell’iscrizione - fa cenno con la mano quel signore seduto sulla panchina di pietra – ci si passa davanti ma non sempre l’occhio si sofferma. E invece racconta un pezzo notevole della storia di tutti”. Non ho mai saputo come si chiamasse, ma solo che di professione fosse un medico trasferitosi a Roma. Lontano per scelta di vita dal borgo natio, ma vicinissimo con il cuore. Tutti lo salutano, tutti lo conoscono in questo paese di 600 anime. Ci ha fermati mentre passeggiavamo tra i vicoli stretti che si inerpicano a sfiorare il cielo. Un abitante al servizio del visitatore.

Iscrizioni e antiche buche della posta
Leggete la scritta, AL COMMODO PUBLICO – POSTA – GASPARO ROSATI – DA CALVI LUOGO.TE – 1707”. Voce popolare e voce storica si mescolano: “Si tratta di una buca di impostazione in marmo che era murata presso l’ufficio postale di Monteleone di Spoleto. È un cimelio di pregevole valore storico, sia per il decoro che per l’iscrizione”. E qui si dipana la felice scoperta. È una delle poche buche conservate in cui compare la parola “posta nel suo uso originario, quale participio passato del verbo “porre” associato al termine a cui era rivolta l’azione, ossia “AL COMMODO PUBLICO”, che ne evidenzia l’aspetto sociale.
Nelle targhe successive, per risparmiare sul marmo – sottolinea - verrà tolta tutta l'espressione, lasciando solo 'posta'. Da qui il termine che usiamo oggi”. Una rivelazione inaspettata racchiusa in questo antico castello nato oltre tremila anni fa, nell’età del bronzo. Le buche di impostazione erano molto diffuse negli Stati della Chiesa e rappresentavano una garanzia alla libera comunicazione, con iscrizioni altamente significative finalizzate alla prerogativa istituzionale. Buche che al giorno d’oggi rimarrebbero vuote, se non fosse per amare bollette, informazioni bancarie e volantini pubblicitari… la contemporaneità ci ha di certo regalato meno lettere e più scartoffie.
Pietre che raccontano, alberi che sussurrano, terre che trasudano memoria. Storie di genti, di luoghi e di numeri.

La numerologia di Monteleone di Spoleto
Tre sono le cinte murarie di Monteleone, ciascuna con tre porte, sei le torri e le stelle di alcuni affreschi, otto i baluardi. Una numerologia suggestiva ed esoterica per alcuni studiosi, guardiana di arcane presenze e di un mistero legato al divino. Il nostro cicerone ci accompagna lungo la scalinata che riscende al corso, fiancheggiato da case gentilizie rinascimentali dai portali ben conservati e con quei balconi dai quali si immaginano affacciate le signore ben vestite o gli uomini in panciotto. Davanti a noi la porta Spoletina, alle spalle l’arco della Torre che dà accesso alla parte più alta ed antica del borgo e delimita la prima cinta muraria. All’interno, anche l’antico teatro costruito a misura del paese con i suoi settantasette posti a sedere, volutamente ridato al suo splendore per non far spegnere il borgo stretto nella morsa delle montagne. 

La grande scoperta: la biga dorata
Ma Monteleone di Spoleto è conosciuta per una grande opera archeologica rinvenuta, come tante, per caso e per questo ancora più incredibile: la biga etrusca da parata.
Se non fosse che ora non è più qui, ma al Metropolitan Museum di New York. Come ha fatto ad arrivarci da questo piccolo borgo incastrato tra le montagne?
Fu trafugato da Monteleone nel 1903, è passò alle cronache come “la biga rapita”. I giornali dell’epoca la chiamarono subito "the golden chariot", il carro d'oro. La biga di Monteleone di Spoleto è un pezzo di abbagliante splendore, un oggetto raro, testimone eccezionale della civiltà pre-romana dell’Italia centrale. Questo carro da parata fu rinvenuto casualmente nel 1902 tra le vestigia etrusche della zona del Colle del Capitano. Secondo il Furtwängler la biga risalirebbe alla metà del VI secolo a.C. Un carro ligneo rivestito di lamine di bronzo lavorate con la tecnica a sbalzo, con scene della vita dell'eroe greco Achille.
La biga è custodita oggi nella sua gabbia di cristallo al Met di New York, acquistata da un trafficante di antichità, riuscito a trafugarla e a portarla oltre confine.

La biga rapita: una battaglia moderna per un gioiello del passato
Da molti anni questo reperto si è trasformato in motivo di orgoglio per i monteleonesi. “Operazione recupero biga" l’hanno chiamata. Lettere, richieste, manifestazioni: telecamere e radio di tutta Italia approdarono a Monteleone per sciogliere l’arcano della “biga rapita”. Si scomodarono anche autorevoli quotidiani internazionali come il "New York Times", "The Sunday Telegraph", il “Los Angeles Times”, il “Wall Street Journal”, il “Boston Globe” e “The New Yorker”. Arrivarono addirittura a dichiarare che "uno dei più decantati oggetti esposti al museo di New York, una biga etrusca, venne esportata illegalmente dall’Italia cento anni fa". Non è mancata nemmeno l’emittente televisiva statunitense CNN, con una sua inviata. Nonostante tutto, Monteleone deve ancora accontentarsi della copia conservata nella Chiesa monumentale di San Francesco. Non è questa la sede per entrare nel merito, ma la domanda sorge spontanea, osservando quella triste copia esposta pur con orgoglio tra le mura del castello. A chi appartiene l’opera: al museo che la espone o al luogo da dove proviene?
Però un dato è certo: ha ruggito forte il “Leone degli Appennini”, antico appellativo di Monteleone, ha fatto sentire la sua voce per gridare al mondo che il presente e il futuro si costruiscono sul proprio passato. Sforzi ingenti, come quelli continui per attirare il visitatore a scoprire le emergenze storiche e architettoniche di cui il borgo è custode attento.

Sembra come sospeso su una nuvola, Monteleone, quando la neve lo copre fin sopra i tetti” – dicono i pochi abitanti che restano d’inverno, sfidando il clima e la modernità che allontana dalla natura. Un lembo dell’Umbria meridionale, di quell’Umbria che è terra di transito, terra che unisce da sempre due Italie, terra del silenzio e della meditazione. 

Dal vivo è un'altra storia.
 
Dove
Monteleone di Spoleto (Umbria)
Quando
luglio 2020
Categoria
Girovagando
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La biga etrusca di Monteleone di Spoleto al Met di New York